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Recensito.net, Maria Lucia Schito, 16th June 2013

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Oyster Boy

Dalla fantasia multiforme di Tim Burton nascono le poesie illustrate di “Morte malinconica del bambino ostrica e altre storie”. Tra la “bambina che fissava”, il “bambino mummia” e “Testa di melone”, spicca per delicatezza la storia di Sam, “that thing that looks like a clam” (quella cosa che sembra una vongola): un bambino nato con un’ostrica al posto della testa, e destinato a un’esistenza infelice. In poche parole, una storia sull’emarginazione, sul tentativo di farsi accettare, sul dolore: una perfetta sintesi di un aspetto notevole della poetica burtoniana (evidente già in “Edward mani di forbice”).

Da qui parte la compagnia teatrale italo-britannica Haste per una messa in scena musicata e coloratissima, una fiaba deliziosa che piacerebbe molto al regista statunitense, del quale non tradisce lo spirito. Un gruppo di sole donne per una “dark comedy” multilingue (ma prioritariamente in inglese: e questo fattore, unito all’orario infelice, avrà influito sulla scarsa affluenza alla prima), malinconica, come da titolo, ma anche lieve e giocosa. È tutto in scena, come negli spettacoli di strada: le sei interpreti cambiano i ruoli con semplicissime variazioni di costumi e coi loro movimenti “creano” anche la scenografia, che sembra quasi danzare davanti ai nostri occhi. Sam è un essere fragilissimo, una bambola di pezza nelle loro mani: sono loro, a turno, a fargli mettere un passo dopo l’altro, contribuendo ad accentuare la sensazione della sua gracilità ed inadeguatezza.

Un tipo di teatro molto fisico, risultato di una grande mescolanza di generi, che lascia ampio spazio anche al canto: una messa in scena mutevole e mai noiosa, che rende sicuramente questo spettacolo degno di nota all’interno del vasto cartellone del Fringe.

(Maria Lucia Schito)